Di Brusasco, casalese d’origine (forse faceva parte di una famiglia di musicisti) abbiamo pochissime e frammentarie notizie biografiche. Fu un sacerdote e canonico minore beneficiato che trascorse sessant’anni all’interno della basilica di Sant’Eusebio di Vercelli (dal 1712 alla morte). All’epoca definito “chierico dotato di voce tenorile”, fu ammesso il 3 giugno 1712 tra i beneficiati della cattedrale eusebiana in sostituzione di Nicola Gorri. Il suo è un caso interessante in quanto fu l’unico autore settecentesco compreso nel fondo eusebiano che abbia dimostrato di possedere qualità compositive già anteriormente al suo ingresso nell’istituzione. Probabilmente durante la sua formazione giovanile presso il “Collegium puerorum innocentium” di Vercelli intrattenne rapporti con Francesco Michele Montalto, maestro di cappella del duomo di Torino dal 1712 al 1760, e – più verosimilmente – con Francescantonio Vallotti, teorico della musica e maestro di cappella al Santo di Padova che studiò con Bissone, a Vercelli, tra il 1707 e il 1715.
Egli prestò servizio nella “cappella musicale vercellese” durante i mandati direttoriali di tre importanti musicisti: Giovanni Ambrogio Bissone (maestro di cappella sino al 1726), Giovanni Antonio Costa (1727-1735) e Carlo Monza (1735-1739). In data non meglio precisata dalla documentazione disponibile (ma verosimilmente decretata nei primi mesi del 1740, essendo Carlo Ignazio Monza morto nel dicembre del 1739) Brusasco fu nominato responsabile della stessa istituzione musicale, carica che mantenne sino al 1772. Questa nomina fu affiancata dalla contemporanea elezione a secondo organista di Giuseppe Maria Vaccari di Arona, che conseguì nel 1745 il titolo di Accademico Filarmonico a Bologna. Anche la contiguità tra questi due bravi musicisti, durata sino al 6 gennaio 1766, fece germogliare una serie di opere meritevoli di attenzione critica fra cui si segnalano i mottetti in latino e le cantate in lingua italiana, destinati dallo stesso Brusasco ad una voce solista, archi e continuo.
Nel corso della sua carriera ebbe anche modo di prestare la sua opera ad Asti, per esaminare le capacità esecutive di un beneficiato inizialmente scartato dalla locale cattedrale.
Nei primi anni di attività a Vercelli (e ancora prima, probabilmente nella sua città d’origine), Brusasco si mostrò attivo nella composizione di musica sacra. La sua prima opera di cui si è a conoscenza è un Credo à Quattro con Violini e senza Di G.M. Brusaschi (Archivio Capitolare di Vercelli, fondo musicale manoscritto 193). Il lavoro appartiene al genere concertato (ovvero ad un genere ibrido, che prevedeva l’affiancamento di strumenti alle voci con un ruolo di sostegno attivo, non contrappuntistico, di queste ultime, in un costante e mutuo dialogo reciproco) ed è strutturato in quattro sezioni, prive di indicazioni di ritmo musicale ma diverse per metro l’una dall’altra. Al termine della partitura, sono presenti anche due brani, sempre su testo del Simbolo niceno, per canto solo, archi e continuo (l’adagio Et incarnatus est) e per basso solo con violini (Crucifixus).
Brusasco, all’interno del suo catalogo, non ha lasciato nessuna opera esclusivamente strumentale (se si eccettuano alcune sinfonie avanti la Messa, della durata di poche battute), ma moltissime composizioni sacre vocali di stile pieno concertato (soprattutto messe e salmi), nelle quali è previsto un massiccio uso di archi, legni e fiati. Le sue numerose composizioni arrivate fino a noi sono custodite presso il fondo musicale manoscritto dell’Archivio Capitolare di Vercelli.
Notizie tratte da:
Paolo Cavallo - I Mottetti Sacri su testo latino di Giovanni Maria Brusasco (c. 1685-1772)
Paolo Cavallo - Tra stile concertato e stile pieno. I salmi di Giovanni Ambrogio Bissone, Giovanni Antonio Costa e Giovanni Maria Brusasco nella prima metà del settecento